ADORESCENZA
Senza
alcun clamore, senza che se ne accorgesse,
ne
aveva solo un piccolissimo sospetto
ma
era un sentore che deliberatamente ignorava,
per
non rovinarsi la sorpresa,
stamattina,
finalmente, l’ha lasciato.
Ora
intende tutti quei dolori,
il
fianco, l’anca, quel po’ di febbre in bocca,
ma
sta bene sotto il neon di cucina da solo alle sei di mattina,
con
un the non caldo abbastanza e la nausea per i biscotti eterni.
Si
vede nel riflesso della vetrinetta di fronte,
fa
un cenno tirando su un angolo della bocca
ma
la gota è più magra, i capelli radi sulla fronte,
due
dita che tremano un poco toccando le punte dei peli bianchi sul mento,
ma
tremano anche quando si abbassano e
il
cucchiaino cade sui pantaloni del pigiama.
La
profusione di scuse per rimanere acquattato nell’abbraccio micidiale,
per
essere ancora il feto della sua adolescenza,
è
finita.
Il
tempo di una giovinezza ambiziosa si compie,
non
esaurisce un destino,
un
uomo infine può essere un uomo senza badare a sé.
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